“Come vorreste che fosse l’intranet aziendale?”
La domanda era -apparentemente- piuttosto semplice.
Ma per porla e per rispondere erano stati coinvolti grandi consulenti ed eravamo stati riuniti nel quartier generale in Canada.
L’obiettivo di quella serie di riunioni era stabilire come migliorare l’usabilità della intranet aziendale.
Ed ora stavamo parlando del suo punto di accesso, della home page.
Quella pagina era una questione spinosa.
Da un sondaggio era risultata inutile per la maggior parte degli utenti. Rappresentava un crocevia importante per accedere ai servizi del portale e, di conseguenza, avrebbe potuto facilitare un più ampio utilizzo del sistema che aveva ricevuto molte critiche.
Ognuno ne aveva un’idea differente.
Secondo qualcuno avrebbe dovuto contenere più notizie sull’ufficio locale di ciascuno: per aggiornarlo di ciò che gli succedeva intorno.
Per qualcun altro doveva riportare le notizie dalla corporation: per fare un senso di appartenenza a qualcosa di più grande.
Poi c’era chi suggeriva invece di riportare le notizie per unità operativa. O per settore. O, ancora, per comunità di pratica.
Ed eravamo solo alla sezione notizie…
Quali servizi avrebbero dovuto essere accessibili dalla home page? Quali cartelle? Quali applicazioni?
La riunione di annunciava molto lunga. Una discussione senz’altro interessante, ma lunga e faticosa.
Avevamo parlato di obiettivi, di personas, elencato le differenti unità operative e i servizi che avrebbero dovuto mettere a disposizione, nominato tutte le comunità di pratica e i temi di cui si occupava l’azienda.
È incredibile di quante cose ci si possa occupare in una multinazionale di ingegneria!
Ora in perfetto stile design thinking avevamo innanzi a noi dei rettangoli di cartoncino che rappresentavano i box di vari servizi offerti e dovevamo disporli su un foglio bianco per rappresentare la configurazione finale della pagina.
Mentre riflettevo sul nostro compito pensai a quanto fossero differenti le esigenze di ciascuno. Non solo tra un ufficio e l’altro, o tra un team e l’altro, ma anche all’interno dello stesso team.
La mia proposta, tra lo stupore e la curiosità di tutti, fu una pagina bianca.
Questo secondo me avrebbe rappresentato la svolta: ognuno doveva avere una pagina completamente personalizzata, personalizzabile nel tempo se le sue esigenze fossero cambiate.
La trasformazione digitale è questo, anche questo: offrire a ciascuno un’esperienza personalizzata dell’uso dei servizi e prodotti.
Per arrivare a ciò però è necessario un cambiamento profondo e radicale dei processi e delle persone che devono sostenerlo.
Pensare in termini di “esperienza dell’utente nel tempo”.
Le business units devono avere una connessione forte tra loro. Non solo quelle a diretto contatto con l’utente, ma anche quelle di supporto per costruire un’esperienza totale e avvolgente.
Per arrivare a questo bisogna progettare il modo in cui l’utente fruirà del prodotto o del servizio. Prestando la stessa attenzione che si pone nel definire il prodotto stesso.
L’ascolto attivo, continuo degli utenti è la chiave di questo processo.
Degli utenti finali, a cui il servizio/prodotto è destinato, per intercettarne i bisogni anche se questi dovessero cambiare nel tempo.
E degli utenti intermedi. Ossia coloro che sono a diretto contatto con quelli finali, preposti alla realizzazione dell’esperienza d’uso. Perché sono loro che hanno il polso della situazione, che possono dare gli input più rilevanti e tempestivi per migliorare sia i processi che i prodotti.
Può sembrare semplice, ma a ben vedere è il principale ostacolo ad una reale trasformazione digitale. Partiamo quasi sempre dal prodotto e non da ciò che spinge i suoi utilizzatori.
La trasformazione digitale quindi non è una questione di informatizzazione dell’organizzazione o di digitalizzazione dei processi. Queste sono fasi della trasformazione.
È invece una questione di creare la cultura in cui ascolto, progettazione e realizzazione diventano un’abitudine continua. Un mindset digitale.
Ne parliamo nel corso in partenza il 14 ottobre proprio dal titolo “Digital Mindset“.